Le friggitorie napoletane...quando la dieta si fa con la qualità.
Qualità in quantità!

Il popolo napoletano è stato sempre pieno di inventiva e ovviamente i primi sintomi della sua vivacità si sono riversati nel cibo. La pizza viene considerata “IL” cibo di strada per eccellenza.

E proprio questa sua praticità di piegarla a portafoglio e mangiarsela camminando ha contrastato e contrasta tuttora i mitici carretti “SABRET”che vendono hamburger e patatine o hot dog…ma, più antica e tradizionale, resta ancora la pizza fritta; la sua minore diffusione è dovuta al fatto che non tutti hanno la padella piena di olio sempre bollente, dove viene immersa e cotta e girata di continuo con i forchettoni e poi messa a colare sul colapizza.

Nelle vere Pizzerie, oggi come molti anni fa, si trova la vetrina di servizio caldo di fritture di vario formato, dalla croquette di patate (panzarotto), paste cresciute semplici (pastacrisciute o zeppulelle) o con ciuffi di borragine (alghe marine) intinti nella pastetta (vurracce) , arancine di riso (palle ‘e riso) bianche o rosse con sugo, melanzane (mulugnàn), fiorilli (sciurill), fiori di zucca con la pastetta e triangolino di polenta (scagliuòzz o tittoli), frittatine di maccheroni, ecc., ecc…

Attualmente, dalle nostre parti, ancora esistono friggitori che offrono quegli “sfizi fritti” nel famoso “cuoppo”, un cono di carta spessa che mantiene calde le prelibatezze padellate e ne assorbe l’olio…e questa è stata la nostra idea … e non la sola! Son tutte qui da noi ma, se ci chiamate, verranno anche a casa Vostra!

Ieri

Lo street food ha radici molto antiche. Infatti, sin dal tempo dei Romani gran parte della popolazione consumava i pasti in piedi, velocemente, sostando in locali semiaperti adiacenti alla strada. Di queste strutture rimangono importanti vestigia a Pompei in provincia di Napoli.

Qui le taverne erano sia meta dei viaggiatori di passaggio sia luogo dove i poveri si facevano riscaldare le vivande in quanto non sempre disponevano di fornelli a casa loro.

Le classi popolari urbane conoscevano il piacere di consumare a tavola solo il pasto serale.

Come già avveniva nell’antica Roma, sia nel Medioevo che nell’Età Moderna, le classi urbane vivevano gran parte della giornata fuori casa, dove consumavano i loro pasti comprando prodotti in botteghe o da venditori ambulanti.

Oggi

Semplice nella preparazione, legato alle tradizioni agroalimentari del territorio a cui appartiene, il cibo di strada è probabilmente la più “onesta” tra le diverse forme di offerta gastronomica, quella meno soggetta all’influenza di mode passeggere.

La cucina di strada vìola apertamente molte delle regole di “casa”.

Il consumo diventa al tempo stesso un fatto privato (spesso si consuma da soli, contrariamente a quando si va al ristorante o al bar) ed un evento pubblico, perché avviene per strada o in locali aperti agli sguardi di tutti, quindi legato alla collettività.

Si è da soli e insieme nello stesso tempo e ciò crea un’atmosfera di complicità tra gli avventori, per cui sovente si scambiano due parole, una battuta, perché la situazione induce un senso di confidenza non comune. La cucina di strada è insomma un’arte della comunicazione.